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 Civiltà etrusca

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paoletta11marzo
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MessaggioTitolo: Civiltà etrusca   Civiltà etrusca Icon_minitimeLun Apr 14, 2008 11:25 pm

Il Medioevo ed il Rinascimento


Sebbene la memoria degli antichi Tusci riaffiorava sporadicamente nelle cronache del tardo Medioevo toscano, fu con il Rinascimento che si cominciò a guardare alle testimonianze del mondo etrusco come espressioni di una civiltà definita e distinta da una generale "antichità classica". Sporadici ritrovamenti di tombe e reperti alimentarono, nel XV e XVI secolo, gli scritti fantastici di Annio da Viterbo. Sarà con Leon Battista Alberti e con Giorgio Vasari che si darà avvio ad una parziale teorizzazione dell'arte e dell'architettura etrusca (importante, a metà del Cinquecento, il rinvenimento della Chimera di Arezzo). Nel corso del XVI secolo il richiamo dell'antica Etruria spostò l'attenzione dalla Tuscia laziale alla Toscana propria, dove trovò terreno fertile e propizio per il suo sviluppo, culminando nel Settecento in quel movimento di studi antiquari e ricerche che prenderà il nome di Etruscheria.
Il Settecento e l'Ottocento: l'Etruscheria e l'Archeologia Filologica


Infatti, proprio il XVIII secolo può essere considerato il secolo della scoperta dell'Etruria. Il primo tentativo di sintesi delle conoscenze etruscologiche dell'epoca risale all'opera De Etruria Regali di Thomas Dempster, risalente al 1619 ma pienamente valorizzata solo nel secolo successivo. A quest'opera fecero eco quelle di G.B. Passeri (Picturae Etruscorum in vasculis, 1775), di Scipione Maffei (Ragionamenti sopra gl'Itali primitivi, 1727), di A.F. Gori (Museum Etruscum, 1743) e di M. Guarnacci (Origini italiche, 1772). Già dal 1726 era stata fondata l'Accademia Etrusca di Cortona, che divenne il centro principale di questa attività erudita con i fascicoli delle sue Dissertazioni (1735-1795). Fuori Italia va ricordata l'opera del francese A.C.Ph. de Caylus (Recueil d'antiquités égyptiennes, étrusques, romaines et gauloises, 1762). Più che per il valore scientifico delle congetture e delle conclusioni, l'etruscheria rimane importante per la passione e la diligenza delle ricerche e della raccolta del materiale archeologico, ancora oggi di valore in caso di monumenti perduti.
L'etruscheria settecentesca culmina con la pubblicazione del Saggio di lingua etrusca e di altre antiche d'Italia dell'abate Luigi Lanzi nel 1789: è una piccola "summa" delle cognizioni sull'Etruria, in tutti i campi (epigrafia, lingua, storia, archeologia, arte). Il Lanzi mostra già di possedere un metodo più sicuro e conoscenze più vaste; giustamente egli attribuisce alla Grecia i vasi fino ad allora ritenuti "etruschi" e traccia una prima, apprezzabile periodizzazione della storia dell'arte etrusca, sulla scorta della greca. Si può in sostanza affermare che questo studioso sia il fondatore della moderna etruscologia.
L'Ottocento si era aperto con una intensissima attività di ricerca sul campo, soprattutto nella zona dell'Etruria meridionale, con decisive scoperte a Tarquinia, Vulci, Cerveteri, Perugia, Chiusi ed altre località. Cominciano inoltre a formarsi i nuclei di importanti collezioni italiane (degli attuali Museo Archeologico di Firenze e Museo Gregoriano Etrusco di Roma) e straniere (dagli scavi di Luciano Bonaparte quella del Musée du Louvre e dagli scavi di G.P. Campana quella del British Museum). Neanche gli studi sull'Etruria, però, rimangono immuni dal rinnovamento iniziato da J.J. Winckelmann e che porterà dalla fase settecentesca erudita a quella filologica ottocentesca. Risultato ne sono le opere sulla topografia dei monumenti redatte da viaggiatori, archeologi ed architetti stranieri, quali W.Gell (The Topography of Rome and its Vicinity, 1846) e G. Dennis (The Cities and Cemeteries of Etruria, 1851); in Italia si occcupò di topografia G. Canina (Antica Etruria marittima, 1851). Non si ferma neppure la pubblicazione di raccolte sistematiche di monumenti, opere d'arte e cataloghi di collezioni, come quella del Museo Gregoriano Etrusco (nel 1842); si iniziano, altresì, raccolte dedicate a singole classi di reperti, come i vasi (E. Gerhard, Auserlesene Vasenbilder, 1858) e gli specchi ([E. Gerhard]], Etruskische Spiegel, 1867). Il confronto con l'arte greca porta, di norma, ad un giudizio negativo nei confronti dell'arte etrusca, giudicata come una forma di artigianato d'imitazione; tale posizione sarà teorizzata in modo esplicito nella prima sintesi sull'arte etrusca che sarà pubblicata solo verso la fine del secolo da J. Martha (L'art Étrusque, 1889). Anche gli studi epigrafici continuano, per mano di studiosi soprattutto italiani, quali A. Fabretti, che nel 1867 pubblica il Corpus Inscriptionum Italicarum (C.I.I.). É a quest'altezza cronologica che gli studiosi cominciano a porsi il problema dell'origine degli Etruschi in modo critico, senza l'esclusivo ausilio delle fonti letterarie antiche, e di conseguenza anche il problema della lingua degli Etruschi in relazione al gruppo delle lingue indoeuropee.
Il Novecento


Il periodo più recente della storia degli studi etruschi si apre con l'intensificarsi di ricerche archeologiche sistematiche e controllate, grazie anche all'intervento di organi responsabili ufficiali dopo l'unità d'Italia. Si arricchiscono e consolidano le conoscenze sulle fasi più antiche dell'Etruria, cioè il periodo villanoviano (la necropoli di Villanova, presso Bologna, era stata scoperta da G.Gozzadini nel 1856). Si scava a Marzabotto, ad Orvieto ed a Falerii, dove emergono i complessi templari con le loro decorazioni architettoniche. Le imprese di scavo più significative saranno sia nei centri maggiori Caere, Veio, Tarquinia, Populonia ed altrove, che nei centri minori dell'interno Acquarossa presso Ferento e Poggio Civitate di Murlo, nel senese, e costieri Spina sull'Adriatico, Gravisca sul Tirreno e Pyrgi, dove nel 1964 vennero ritrovate le preziose lamine d'oro inscritte. Gli scavi venero condotti con sempre maggiore attenzione e controllo scientifico, tramite i rilevamenti stratigrafici ed i metodi geofisici di prospezione (aerofotografia, prospezioni chimiche, fisiche ed elettromagnetiche del terreno) in modo da offrire il maggior numero possibile di osservazioni e dati.
Accanto all'incremento dei vecchi musei di Roma e Cortona,nascono ora i grandi musei con collezioni etrusche, come il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, il Museo Topografico dell'Etruria di Firenze ed il Museo di Spina a Ferrara, insieme ad importanti raccolte locali a Tarquinia, Perugia, Chiusi, Bologna, Marzabotto, Arezzo ed altrove. Anche all'estero si rafforzano le collezioni dei grandi musei come la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen.
Prosegue intanto la pubblicazione dei materiali archeologici per singole classi di monumenti: terrecotte architettoniche (A. Andrén, Architectural Terracottas from Etrusco-Italic Temples, 1940), sarcofagi (R. Herbig, Die jüngeretruskischen Steinsarkophage, 1952), ceramiche dipinte (J.D. Beazley, Etruscan Vase-Painting, 1947), oltre ad un rinnovato approccio critico nei confronti della descrizione topografica dei luoghi(H. Nissen, Italische Landeskunde, 1902 ed A. Solari, Topografia storica dell'Etruria, 1920).
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